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mercoledì 26 settembre 2012

Le donne vere hanno le curve. Per questo noi preferiamo sognare.


Mettiamo subito una cosa in chiaro: chi scrive è a dieta. A dieta da tre mesi. Roba che attualmente guardo i carboidrati come un maniaco sessuale guarda gli stacchetti delle Veline. Per cui, si: ci sarà acidità nelle mie parole. L’acidità è l’unico condimento concesso dal mio regime alimentare. Quindi, femministe mie, tenetevi alla larga da questo post perché qua non ci sarà comprensione né solidarietà: le donne in sovrappeso verranno maltrattate di brutto.
Warning warning warning.

E adesso, passiamo al film. Ripetiamo tutti insieme: “Io, da un film da femmina in crisi premestruale, mi aspetto dell’aspirazionalità”. Concetto semplicissimo, che ha arricchito le casse di decine di registi, sceneggiatori e Julie Roberts. Eppure c’è sempre qualche pollo che tenta la mossa del chick flick femminista. Ecco, io a questi signori vorrei far notare che noi donne, nonostante la nostra abilità nel confondervi le idee, sappiamo benissimo cosa vogliamo. E se una sera abbiamo deciso di guardarci un film pregno di femminismo, ci guardiamo Kill Bill. Ci guardiamo Dogville. Ci guardiamo un qualsiasi film d’autore dove una donna ammazza gente come se non ci fosse un domani.
Ma se al contrario abbiamo in programma la visione di un chick flick, tanto per avere un sottofondo alla manicure fatta in casa, VOGLIAMO DAVVERO GUARDARE UN CHICK FLICK. Vale a dire, un filmetto leggero, al limite dello stupido, che non si faccia veicolo di alcun valore oltre “L’uomo dell’amica è sacro” o “Prendere in giro una racchia non sta bene”.
E quindi, che me ne faccio io di “Le donne vere hanno le curve”? Un film che vorrebbe farmi credere NON alla bellezza interiore. Di più. Un film che vorrebbe farmi credere che io donna sto bene con me stessa, mi piaccio, in versione cotechino.
Vi prego.
Dai.
Può anche essere vero – io non lo credo, ma sono opinioni – che la bellezza stia nell’occhio di chi guarda. Ma l’occhio di una donna che guarda sé stessa, fidatevi, è iniettato di sangue. Nessuno altro potrà mai offendere l’aspetto fisico di una donna più e meglio di quanto lo faccia la sua stessa psiche. Dire a una donna di accettarsi così com’è è come dire a uno Spartano di invocare pietà in battaglia. Noi non ci arrendiamo. Mai. La 38/40 è l’obiettivo a cui immoliamo la nostra vita quotidiana.
Poi oh, non mi credete? Guardate qua e ditemi se queste donne possono onestamente dire di amare il proprio corpo.


Ma anche:


E per non farci mancare niente:


Al di là del cast improntato al sex appeal, “Le donne vere hanno le curve” ci offre anche una trama originale: Cenerentola, versione messicana. Ana – la grassona più giovane – vuole andare al college, essere una donna indipendente e uscire con i ragazzi. Ma si scontra con una mamma vecchio stile, che non pensa ad accrescere la cultura della figlia quanto a diminuirne il livello di colesterolo. Anche qua: trovatemela, nella vita reale, una mamma che si preoccupa della tua linea anziché rimpinzarti come un tacchino farcito, negando l’evidenza dei tuoi 50epassa chili. E Ana che fa? Anziché ringraziare Dio per una madre così saggia, le urla contro e si ribella a suon di “Mi trovo bellissima così”.
E niente, questo è il film. Ana litiga un po’ con ogni membro della famiglia e alla fine al college ci va. Manco a dirlo, grassa come prima.
Insomma, se anche voi siete attualmente vestali dell’Ipocalorico, ‘sto film vi farà prudere le mani per 90 minuti. Fatemi sapere come va, io oltre non riesco a commentare. Probabilmente a causa di un calo di zuccheri.

lunedì 24 settembre 2012

Mad in Italy. Paura 3D e Tulpa @FrightFest

Partiamo da un presupposto: già la definizione di "Spaghetti Horror" io l'ho sempre trovata molto offensiva. Voglio dire, ce li vedete film come Inside o La horde che si fanno chiamare "Baguette Horror"? Li avreste guardati con gli stessi occhi, se vi fossero stati presentati come "Escargot Horror"? Non credo.
Ecco, avete capito il concetto. Già categorizzare l'horror italiano affiancandolo alla cucina tipica mi pare una mossa di discredito. Come faccio a lasciarmi coinvolgere da sangue e squartamenti, se già l'espressione "Spahetti Horror" mi rimanda all'immagine di Sordi in canotta, che si abbuffa di pasta?
Certo, Shakespeare ci insegna che una rosa è una rosa anche con altro nome. Ma io lavoro in pubblicità e quindi questa cazzata non me la bevo.

Campanilismo lessicale a parte, che dire: gli stranieri c'hanno ragione eh. Al FrighFest l'Italia non ha certo brillato. E non ha brillato per una ragione molto semplice: il buon Tulpa di Zampaglione non è riuscito a far dimenticare il pessimo Paura 3D dei Manetti Bros. Ragazzi tanto simpatici, per carità. Giustappunto, la compagnia ideale per il famose du spaghi, ma non per il famme invocà la mamma.
Ma vediamo il perché - il perché la platea dopo un po' ha smesso anche di ridere, e si è ritirata in un silenzio di sconforto.



Paura 3D, l'Italian Shame.

Iniziamo con gli aspetti positivi? Facciamo subito, ce ne sono solo due.
1) il film si apre con una cupa voce fuoricampo che introduce i fatti, scelta in cui io ho visto una grandissima citazione di Mr Argento: "Jennifer, dal Nuovo, era giunta nel Vecchio Mondo. E quella sarebbe stata la sua prima, memorabile notte nel pensionato femminile Richard Wagner". Tratto da Phenomena, ovviamente. E certo che lo so a memoria, che domande.
Se poi questa anziché una citazione si scopre essere una semplice coincidenza, le cose belle di Paura 3D si riducono a una:
2) lo SPUNTO della sceneggiatura. Ci tengo a chiarire: solo lo SPUNTO, perché la sceneggiatura in sé è incommentabile. Ma la stessa storia, messa in mano a qualcuno che sa fare il suo lavoro poteva dare vita a un bel film.
Questo lo SPUNTO: riccone insospettabile tiene segregata nella cantina della sua villa una giovane donna, che poi si scopre esser stata rapita da bambina e aver sviluppato una classica sindrome di Stoccolma. Ovviamente dicendovi questo vi sto spoilerando tutto il film, ma fatemi capire: avevate mica intenzione di guardarlo?
Alcuni dettagli aggiuntivi per scoraggiarne la visione: la soundtrack di questo - ricordiamolo - HORROR è affidata al RAP. RAP fatto in ROMANESCO. La platea del FrighFest era composta al 90% da inglesi, fortunelli loro. Ma io, che Dio mi protegga, io ho capito tutto. E quella roba stava in un horror come l'olio di fegato di merluzzo sta sulla Nutella.
E poi, gli attori. Gli attori - escludendo Servillo, a cui probabilmente hanno rapito un parente per costringerlo a recitare in questo film - sono dei cani. E sono sicura che leggendo ciò parecchi chiwawa si riterranno offesi. Considerate che Paura 3D è stato proiettato in lingua originale, per cui gli inglesi non hanno potuto cogliere questo "dettaglio". E ciò nonostante sono rimasti basiti sulle loro poltroncine. Fate un po' voi.


E poi, per fortuna, c'era Tulpa.


Tulpa, l'Italian Pride.

Se il nome di Federico Zampaglione vi evoca solo versi come "Perché siamo due destini che si uniscono", aggiornatevi. E aggiornatevi con questo.
Zampaglione, come ogni psicopatico che si rispetti, è passato dritto dritto dalla musica melensa al cinema horror. Che Dio lo benedica. Perché senza Tulpa - la sua seconda opera macabra - l'Italia sarebbe uscita dal FrighFest come esce la moda americana dalle puntate di Beautiful. Una merda, appunto.
Ora, non sarà Tulpa che ci farà tornare agli anni ruggenti di Dio Dario, ma è un primo passo in tal senso.
Trama: Lisa - Claudia Gerini - è un'impeccabile donna in carriera che la sera, come anti-stress, si reca nell'esclusivo club Tulpa per fare sesso con perfetti sconosciuti. E già qui, io annuivo con comprensione. Ma il sesso con Lisa si scopre letale: tutti i suoi amanti - uomini e donne, perché le scene lesbo ci stanno sempre bene - finiscono assassinati. Al che Lisa inizia a investigare eccetera eccetera. Un bel giallo con tocchi splatter da maestro. La mia morte preferita include una giostra e del filo spinato, per dire.
E il colpo di scena finale, se non è proprio all'altezza di Profondo Rosso, almeno ci si avvicina parecchio.
Quindi voi direte, perché non stiamo gridando al capolavoro? Eh. Perché Zampaglione un errore l'ha commesso. E anche grande, considerata la platea che aveva di fronte: ha fatto recitare tutti in inglese. E lo sapete, come noi italiani parliamo inglese. The killer is on the table, in pratica. Per cui magari durante una scena tesissima ci scappava la risata alla prima sillaba, e tutto si ammosciava.
Un vero peccato, ma un peccato a cui si può ancora rimediare con un bel doppiaggio dell'ultimo momento. E speriamo che, per quando arriverà nelle sale, Tulpa ci faccia aprire bocca solo per urlare.

mercoledì 19 settembre 2012

Come rompere tutte le regole dell’amicizia e vivere felici. L’uomo perfetto.


Quando ero alle elementari, ero innamorata di un mio compagno di classe. In realtà eravamo innamorate in molte, eh. La cosa era abbastanza destabilizzante per il povero Gianluca: immaginate 5 ottenni che ogni giorno cercano nuovi modi per avere un contatto fisico che porti al matrimonio nel cortile della scuola. Io una volta arrivai a bloccargli il polso per dargli un bacio. Sull’orologio.
Tutto questo è niente in confronto a quello che fa Lucia, Francesca Inaudi, per conquistare il suo primo amore. In sostanza, Lucia ama Paolo, ossia Giampaolo Morelli (e io non commenterò l’idiozia e la cecità totali che possono portare una donna a preferire Scamarcio a Morelli, 185 cm di uomo sormontati da quegli occhi azzurrissimi e da quel naso importante, e dalle mie parti si dice “naso che abbonda, picchio che sfonda”). Paolo è il suo migliore amico da quando sono bambini, lei lo ama da quando è un cicciobombo cannoniere e non ancora morellizzato. Lui, ovviamente, non lo sa, come non lo sa Maria, Gabriella Pession, migliore amica di Lucia, che, una volta diventato figo, non solo se lo fa, ma si fa anche promettere che se la sposerà. Una persona normale al posto di Lucia se la farebbe passare, no? Certo, se non fosse che Paolo a un certo punto se la tromba, mandando alle ortiche le teorie maxpezzaliane su regole dell’amico che non sbaglian mai e confermando la legge per cui un uomo, anche quando dovrebbe, non riesce proprio fisicamente a tenersi l’uccello nei pantaloni. Gli uomini possono andare sulla luna, montare a neve gli albumi e financo programmare una lavatrice. Ma tenersi su le mutande quando hanno già una ragazza no. Vi danno fastidio addosso? Compratele più grandi.
Detto questo, potreste voi biasimare Lucia, che pur di prendersi Paolo arriva a pagare Antonio, Riccardo Scamarcio, per fargli conquistare Maria? Si, lo so, è una stronza, gli uomini delle amiche sono più intoccabili dei paria, ma pensate se fossero state sorelle.  Visto, siete già più indulgenti. E poi, se non si incazza Maria, che diritto ne avete voi? (sì, lo so, è fantascienza. Una donna normale scatenerebbe una serie di torture che non cesserebbero manco se Amnesty raccogliesse le firme dell’intera popolazione dell’Asia)
Voi vi chiederete come possa Lucia convincere l’amica a mollare il fustone per il mezzo fustino. Semplice: istruisce Antonio sui gusti di Maria, modellandolo fino a farlo diventare il suo uomo ideale. Ed è qui che io, nonostante mi piaccia questo film, mi incazzo come un bufalo delle praterie: 90 minuti a farci credere che sì, milioni di donne con relazioni disfunzionali in cui cercano di cambiare il partner hanno una speranza di riuscita, e poi negli ultimi 5 minuti tutto in vacca, con [SPOILER] Lucia che scopre che in realtà non vuole Paolo, ma Antonio così com’è, original version insomma.
In conclusione, il film mi piace per tutta una serie di motivi: da Morelli, al fatto che la protagonista fa il mio mestiere – se ve lo state chiedendo lavora in un’agenzia di pubblicità – ed è sempre buffo vedere la versione fiction del proprio lavoro (e qui mi immagino il calvario di pompieri, poliziotti e avvocati, che da decenni non hanno tregua), dal suo essere un film prima & dopo, all’essere ambientato nella città in cui vivo, ossia Milano. Quindi per una serata senza impegno va più che bene.
C’è solo una cosa che non perdonerò mai e poi mai al regista, e che mi ripeto ogni volta come un mantra per tutti i 95 minuti di film: perché, perché, PERCHÉ hai girato “3 metri sopra il cielo”?

giovedì 13 settembre 2012

Ma allora The Ring non v'ha insegnato proprio niente. V/H/S.

Se anche voi eravate adolescenti all'inizio del 2000, dovreste aver visto un paio di cosette che vi hanno segnato a vita.
Cosette che un giorno vi porteranno a educare vostro figlio a suon di "Non guardare videocassette offerte dagli sconosciuti". E naturalmente con "cosette" intendo la saga di The Ring: il primo, il secondo e pure l'originale giapponese (che èèè meglio! Così, alla Quattrocchi).
Bene, preparatevi a veder infranta questa regola di base del quieto vivere - e del continuare a vivere in generale. I protagonisti di V/H/S ci riportano indietro, in un'età dell'oro in cui la gente era più semplice, più ingenua, e non vedeva proprio nulla di male nello spingere play, una volta trovata una videocassetta misteriosa. Trovata di notte, in una casa sconosciuta. Dove l'unico abitante è un cadavere. Che, guarda caso, giace di fronte al videoregistratore.
Gente sveglia, insomma.
D'altra parte, stiamo parlando di un gruppetto di ladruncoli (parlo come mia nonna, lo so) che fanno irruzione in questa casa documentando il tutto con videocamera. Per cui difficilmente li avremmo mai visti candidati a un Nobel. Se fossero sopravvissuti, ovvio.
Ma hey, tranquilli: non vi sto spoilerando nulla. Perché tutta questa vicenda è solo la cornice: il film vero è proprio consiste in cinque mini-mockumentary, corrispondenti ai cinque video incautamente guardati dai malfattori.
Un po' stile "I racconti della cripta", dove la parte di Zio Tibia è affidata a un videoregistratore.

Ed è qua che inizia il bello - o terrificante, che dir si voglia. Non per niente V/H/S, tra le anteprime viste al FrighFest, l'ho subito eletto FILM Me la faccio addosso per eccellenza: i cinque episodi sono decisamente sconsigliati a deboli di cuore, donne incinte e chiunque sia solito dormire da solo.
Qualora la struttura di V/H/S non vi sembrasse già abbastanza incasinata, ecco a voi l'elenco degli episodi in rigoroso ordine non cronologico, bensì di gradimento.

The Sick Thing That Happened to Emily When She Was Younger 


L'intero episodio consiste in una videochat - e già qui, applausi per la tecnica. La schermata di SkypeTaroccatoPerRagioniLegali ci presenta Emily e James, fidanzati, che se la chattano tranquillamente, sera dopo sera. Tutto normale, se non fosse che la casa della ragazza si scopre infestata di strane presenze, che lei ogni notte mostra con nonchalance al suo innamorato tramite webcam. Detta così sembra cosa da niente, ma fidatevi: questo episodio vale come allenamento al salto in alto. Senza contare il colpo di scena finale, che…non fatemi parlare o vi rovino tutto. Insomma, se ci fosse un premio specifico per il miglior corto-mockumentary-horror, vincerebbe questo.

Second Honeymoon 

Ecco, parlare di questo episodio senza cadere nello spoiler mi fa sentire un po' un elefante alle prese col funambolismo. Vi dirò solo che:
- i protagonisti sono una giovane coppia in viaggio: foto ricordo standard, momenti pucci pucci, itinerario scontato - i classici americani polli, o almeno così pare;
- una sera bussa alla stanza del loro motel una strana ragazza, in cerca di un passaggio. E da lì parte un'escalation di tensione, che culmina anche in questo caso in un finale pazzesco. Bello, inquietante e perverso: sono le uniche cose che posso dire senza svelare altro.

10/31/98
Mettiamola così: magari tu sei una ragazza tanto carina, e ti sei pure vestita da battona chic. Ma proprio quella sera, nel locale dove risplendevi fino a un secondo prima, entra Kate Moss. E tu sei fottuta per sempre.
Questo episodio purtroppo risente dell'effetto Kate Moss: preso di per sé non è affatto male, ma messo accanto ai due di cui sopra finisce per fare un po' da tappezzeria.
In pratica, è la sera di Halloween. E un gruppetto di amici si dirige a una festa. Solo che sbaglia drammaticamente location e finiscono tutti in una casa che pare presa d'assalto dai Poltergeist. Il colpo di scena, inutile dirlo, è il marchio di fabbrica di V/H/S. Solo che in questo caso si inizia a fiutarlo con troppo anticipo, e il risultato finale è un po' un "Boh…si, ma anche no".

Amateur Night 


No, beh, questo episodio è una cagata, posso dirvelo subito. Giovanotti bricconcelli vanno in discoteca a caccia di amore biblico, ma beccano una vampira-cannibale-non si capisce bene cosa diamine è. Fine. Molto sangue per nulla.

Tuesday the 17th
Sarò onesta: io questa storia non l'ho capita. E sarò ancora più onesta: sospetto che sia un problema relativo più alla sceneggiatura che alla mia lentezza mentale.
E' tutto molto Blair Witch Project - ragazzi nel bosco che iniziano a morire, di fronte alla videocamera - ma senza nemmeno uno straccio di witch. Mi ha lasciata più preda della perplessità che del terrore.

Comunque tranquilli: l'ordine cronologico degli episodi garantisce un'ottima alternanza di perfezione e cagata. Quindi alla fine uscirete dalla sala annuendo compiaciuti e pensando "Massì, mi è piaciuto un bel po', questo V/H/S!".

lunedì 10 settembre 2012

Ryan Gosling mezzo nudo! Crazy, stupid, love.


1,618 è un numero che indica una proporzione, comunemente detta “proporzione divina”, perché in natura si trova in talmente tanti casi che sembra quasi che dietro ci sia la mano di un essere superiore. Imparatelo, perché lo ripeterete spesso durante la visione di “Crazy, stupid, love”.
Perché “Crazy, stupid, love” è un film che, ovviamente, parla d’amore. Con Ryan Gosling. RYAN GOSLING.

Bravi, vedo che avete capito il nesso. Ora, io credo che Dio o chi per lui, quando si è messo a fabbricare Ryanuccio, abbia chiamato Einstein, Majorana e Nash, perché quella proporzione gli è uscita così bene che non può aver fatto tutto da solo. Per capire la mia reazione quando lo vedo, guardate qui e immaginate Ryan al posto dello scoiattolo.
Comunque, passiamo al film. Steve Carrell, il protagonista, ha una bella famiglia con la bella Julianne Moore, un bel lavoro, una bella casetta. Il classico americano da sobborgo insomma. Un giorno lei si rompe le palle, lo tradisce e chiede il divorzio. Quindi Steve, aka Cal, torna sul mercato. Cioè, ci prova. Perché Cal è tremendo, elegante quanto un centrino all’uncinetto sulla spalliera di un divano e incapace di flirtare. E qui entra in campo Sua Fighezza Reale. Che lo incontra in un bar, prova pena e decide di istruirlo e fargli riacquistare il suo mojo. Perché Ryan, ovviamente, è un esperto del gentil sesso. Tanta pratica. Fino a quando non incontra Hannah, che incarna il sogno di ogni donna, ossia essere “Quella che lo cambia”, quella additata nelle conversazioni tra donne come “puttana maledetta perché lei sì e noi no”, quella che prima di lei era una testa di cazzo di proporzioni elefantiache e ora le compra gli assorbenti al supermercato mentre accarezza gattini guardando foto di neonati. Insomma, nel film seguiamo le evoluzioni comportamentali di Cal e Ryan.
Quando, circa al minuto 01:08:41 vedrete il torace di Ryan in tutto il suo tramortente, sfacciatissimo, devastante splendore (non lo guardate adesso! Non guardate vi dico, che sennò smetterete di fare qualunque cosa stiate facendo, e se state reggendo la mano di una persona sospesa da un cornicione o montando la maionese non sarà bello), dicevo in quel momento sentirete un violento singhiozzare. Non vi preoccupate, è normale, è solo la vostra vagina che si dispera perché si rende conto che purtroppo non avrà mai a che fare con quell’uomo. Calmatela spiegandole che singhiozzare rumorosamente è molto meno charmant che farsi rotolare le lacrime sulle guance in silenzio, e riprendete la visione.
Se non ritenete Gosling un motivo sufficiente per guardare il film perché siete come quelle persone tristi che nascondono le rivistacce porno dentro “Confidenze” e avete bisogno di una giustificazione al provare piacere, vi do qualche altro motivo: 

-       È un film che piace anche ai maschi. L’ho testato per voi, e state tranquille che, seduti accanto a voi sul divano, vedranno tutto il film senza provare il potente desiderio di percuotervi a morte col vostro thermos di Hello Kitty.
-       Fa ridere. E ridere è importante, perché quando torni a casa la sera distrutto e con la voglia di svagarti, non dici “Toh, fammi vedere Dogville che me faccio du’ risate”. Non fraintendetemi, Dogville è bellissimo, ma è più per quei momenti tipo “fammi godere vedendo cosa farei a quella troia che ci prova col mio ragazzo se solo vivessimo in uno di quei paesi illuminati dove l’omicidio viene punito con un ganascino”.
-       Le prove degli attori. Tutti, da Carrell, alla Moore, alla Tomei, interpreSCOIATTOLO! 

mercoledì 5 settembre 2012

Sposa contagiata, sposa fortunata. [REC]³ Génesis.


Si, ecco, dal titolo potreste essere portati a pensare che questo film mostri in effetti la genesi dell’epidemia. Si, ma anche no. Diciamo che [REC]³ vive benissimo anche da solo, e le due puntate precedenti ricambiano il sentimento.
Il che non è necessariamente un male, eh: a me [REC]³ è piaciuto parecchio, se non altro perché ha stemperato un po’ l’atmosfera da “Oh cazzo…voglio la mamma!” del FrightFest. Infatti questo è il nostro FILM LOL&OMG; ovvero, si: ci sono parti corporee strappate a morsi, sangue che schizza come se non ci fosse un domani e virus e squartamenti e chi più ne ha più ne metta; ma ci sono anche momenti di pura ironia, che ti fanno fare quella risatina nervosa prima di tornare a coprirti gli occhi disgustato. 

In sintesi succede che: Clara (alias Leticia Dolera, alias la moglia del regista Paco Plaza) e Koldo si sposano e fanno una bella festa; tanta allegria, sfarzo e romanticismo. Se non che, uno degli invitati a un certo punto racconta di essere stato morso alla mano da un cane; e già lì, ci mettiamo un po’ sulle spine. Anche perché la ferita in questione, inquadrata di tanto in tanto, assume un aspetto sempre peggiore. Insomma, avete capito no? Al culmine dei festeggiamenti, il ferito ormai appare completamente devastato dall’infezione, e dà il via a un mordi-mordi, contagia-contagia e fuggi-fuggi generale. Se non siete proprio degli sprovveduti, avrete pur visto qualche film di zombie nella vostra vita, no? Ecco, [REC]³ non aggiunge nulla di nuovo. Tuttavia, nello squadernare tutto il solito elenco di splatterosità, non risulta mai noioso. Perché farcisce il tutto di battutine che ci riportano con i piedi per terra. E alla fine invece di pensare “Dio, che schifo quest’epidemia”, ci sorprendiamo a riflettere su quanto avrà speso di catering questa povera coppia, che si ritrova il matrimonio rovinato da invitati zombie e maleducati. 

Personaggio secondario ma che regala perle: il cameraman addetto al solito filmino ricordo. Nel mostrare orgoglioso la sue telecamera, si lascia sfuggire un sarcastico “Con questa ormai ci fanno anche i film!”; e noi nerd, fan di [REC] e dei mockumentary in generale, ci diamo di gomito ridendo, come tanti Uomini dei Fumetti from Springfield.
Patetico, si. Ma che vi aspettate, dalla platea di un FrightFest: commenti sui riferimenti registici a Kubrick? Beh, tranquilli: qua non ce ne sono. [REC]³ è un film onesto, senza pretese; perfetto per l’accoppiata divano&pizza a domicilio. 

Sempre che siate gente in grado di mangiare di fronte a scene di cannibalismo, è ovvio.