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venerdì 22 giugno 2012

The Blair Witch Project. Il mistero del successo di Blair.




Ogni volta che invito gente a cena, gli ospiti mi chiedono sempre la stessa cosa, ossia farli sopravvivere. Per fortuna, quando ero una giovane studentessa a Roma, ci pensavano le mie amiche nonché coinquiline a nutrire gli invitati. Quando organizzammo l’ennesima cena e un nostro amico disse “Vi spiace se passa anche il mio amico chitarrista, Sean?”, i nostri cervelli capirono solo “vbhfhfgbakfa CHITARRISTA djhvfjhv NOME STRANIERO”, e insomma reagimmo come 3 cheerleader che hanno appena scoperto che l’acqua ossigenata fa dimagrire. Poi la porta si aprì su Scion. S-C-I-O-N. Nato per la chitarra, anzi, dalla chitarra, vista la medesima altezza. Occhiali brutti quando gli occhiali brutti erano solo occhiali brutti. E capelli color rat musqué.
Le aspettative, signori miei. Se l’invidia è il motore del mondo, le aspettative sono la benzina. Io avevo aspettativone per questo film. Tutte disattese. The Blair Witch Project è Scion. Trama: 3 ragazzi decidono di fare un documentario sulla leggenda di una strega che popola i boschi del Maryland. Come Pollicino, Hansel e Gretel sanno, nei boschi ti perdi, a meno che tu non ti sia attrezzato con un pratico fornaio tascabile. E loro hanno solo i marshmallow. Ed è un film horror. Si finisce male di default.
Giuro, io ero pronta a dargli tutto il mio terrore. Ero pronta a passar sopra alle orde di adolescenti in sala che ridono per mascherare imbarazzo, paura e acne. Ero pronta a saltare sulla poltrona così tanto da creare crisi di identità a Fosbury. Sapevo di gente uscita dalle sale, gente svenuta, gente che andava in India per rilassarsi e dimenticare l‘orrore. Niente. Manco un brividino.
Parte del problema per me nasce dal suo essere mockumentary (mod. professoressa ON), e dalla conseguente rinuncia a uno degli strumenti fondamentali per far cagare sotto, ossia la sottolineatura musicale, importantissima a maggior ragione quando a livello visivo fai vedere poco e punti sulla suggestione (mod. professoressa OFF). I mockumentary non hanno gli effetti, il montaggio e tutte quelle belle cosine dei film veri. E mi hanno pure un po’ rotto le palle eh. Capisco che con due euri di produzione, e contando su gente come me che sta agli horror come un bagnino romagnolo sta alla gnocca, ti sistemi fino alla decima generazione, però anche basta.
Detto ciò. Guardatelo lo stesso. Primo perché gli autori sono stati dei geni del marketing per la promozione del film, inscenando la sparizione dei protagonisti e alimentando la leggenda – e il botteghino. Secondo perché è stato talmente citato e ripreso in altre pellicole che è fondamentale per bullarvi nelle conversazioni coi vostri amichetti. E terzo perché vedere la paura che inasprisce gli animi e fa sbottare per qualsiasi stronzata, fa tanto tanto bene al piccolo meschino che è in noi.

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