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mercoledì 20 giugno 2012

La casa dalle finestre che ridono. Ovvero, home is where the heart, and other body parts, are.



Immaginate di avere un fratello. Il patrimonio genetico è quello. Siete molto simili. Però lui è meglio. Della poesia di Natale si ricorda pure le congiunzioni, lui. È la vostra versione 2.0. Diciamo che se lui fosse un libro, voi sareste il suo adattamento cinematografico americano. È un po’ questo il rapporto tra horror e thriller. Li separa una linea sottile quanto il perizoma di un’attricetta al primo b-movie. Però, nonostante questa vicinanza, molti credono che il thriller abbia molto più valore del suo fratellino. Ora, non sono qui per aprire dibattiti o confutare le loro affermazioni con ragionate motivazioni (idioti!), ma per approfittare della confusione tra i generi come se fossi Almodovar. Insomma, voglio parlarvi di un film che è a cavallo di quella linea, anzi, che quella linea la domina come un tamarro fa con un toro meccanico. La casa dalle finestre che ridono.
Intanto voglio ringraziare pubblicamente Avati: Pupi, se mi leggi, sappi che io ti amo quanto un emo ama una lametta, perché mi hai donato la migliore inquietudine della mia vita. Questo cult è uscito nel 1976, ma dimostra meno anni di me. E io sono un fiore.
Prendiamo il titolo: ti fa pensare a Doris day vestita pastello che prepara pancakes per 2.5 figli e il cane. AH AH AH AH! Guardate quella bocca clownesca e poi ne riparliamo.
Prendiamo l’ambientazione, la campagna ferrarese, dove tutto si muove a rilento, tu magari sei più vispo di Don Lurio ma arrivi lì e sei risucchiato in questo campo magnetico di valeriana. A quel punto scappa, se riesci.
Mettiamoci che il film ha tra i protagonisti un nano vestito da Uomo Del Monte e che se la comanda uguale. Quando sei così basso, per arrivare così in alto devi essere tignoso forte, come dice nonna Adele.
Non dimentichiamo che tutto il film parte da un affresco da restaurare che raffigura il martirio di San Sebastiano. Non so voi, ma è il mio martire preferito, saranno i boccoli, sarà l’espressione, sarà che c’ha più freccette di un bar di periferia. 
Aggiungiamo la tenerezza di vedere tutti i personaggi di paese, e di un paese negli anni ’70. Il matto, l’ubriacone, la zoccola… Non puoi non ritrovarci dentro la tua famiglia in un modo o nell’altro.
Ah, nel film la Chiesa ha un ruolo di peso. Devo forse ricordarvi quanto sia felice e prolifico il matrimonio tra Chiesa e horror? Appunto.
Concluderò con i 2 motivi che mi fanno amare questo horror sopra ogni altro: il primo è che è tutto orribilmente possibile. Tutto. La sospensione dell’incredulità (mica pizza e fichi) qui non serve.
Il secondo è che contiene un messaggio di speranza universale: dovete sapere che tra gli sceneggiatori c’è Maurizio Costanzo. L’uomo che ha contribuito a lanciare Costantino Vitagliano. Questo significa che ognuno di noi può fare qualcosa di grandioso nella vita, e che, anche se poi fai immani cazzate, ci sarà sempre quella cosa grandiosa a ricordare al mondo di cosa sei capace.

2 commenti:

  1. ho iniziato a guardare film horror a sei anni, di nascosto, quando i miei mi lasciavano a casa da sola. poi, verso i 18 ho smesso. credevo di essere diventata troppo grande.

    da quando vi leggo, mi è venuta voglia di tornare una piccola sognatrice. corro a scaricare questo di Avati, complimenti per il blog!

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  2. Grazie! Siamo felicissime che ti sia tornata voglia di horror, e poi una sana paura fa tornare bambini :)
    Se Avati in salsa horror ti piace, scarica anche "Il nascondiglio", che è stato il suo ritorno al genere dopo anni. Noi lo abbiamo visto al cinema, e diaciamo che il rientro a casa è stato un po' inquietante :D

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