- Can you imagine still living in Mercury?
Trapped with a wife, and a kid, and some crappy job?
It’s like…he’s a hostage.
- Yep. We’re lucky we got out. We have lives.
Lo pensate anche voi, vero? Pubblicitarie, editor, fotografe, social media expert che scappomiaspettanoinagenzia/inredazione/sulset:
questo è esattamente ciò che una donna più o meno in carriera, abbandonato il
paesello natio, pensa del proprio ex rimasto in provincia.
Beh, giovani amiche, un piccolo spoiler: è esattamente ciò
che la donna pensa, fino al Grande Spartiacque (di qui in poi, il GS). Non fate le gnorri, avete capito
benissimo cosa intendo: la trentesima candelina.
N.B. Che poi questa
faccenda della candelina, superati i vent’anni, diventa puramente metaforica.
Voglio dire, fateci caso: anni compiuti e dimensioni della torta si fanno via
via inversamente proporzionali. Mica perché festeggiare con un unico,
bellissimo cupcake ci pare très chic: è semplicemente una scusa per sbarazzarsi
dello spazio destinato alle candeline.
Comunque sia, dicevamo: il GS e l’improvviso cambio di prospettiva che esso comporta.
Improvviso, irrazionale, certamente stupido. Eppure inevitabile. Il giorno
prima sei felicissima del tuo monolocale in centro, del tuo lavoro pieno di
prospettive, dei tuoi pasti così effortless…E si, anche della tua libertà
sentimentale. Che essere single è bello: non siamo forse la generazione
cresciuta a pane e Carrie Bradshow?
Peccato che all’alba del trentesimo compleanno – o allo
scoccare della mezzanotte, se ha voluto festeggiare come la giovane che non è –
la donna di colpo si rende conto che:
- abita in un soppalco con topaia sotto;
- ha un lavoro pagato in promesse anziché in euro;
- segue una tabella nutrizionale che va dall’aperitivo
al Quattro salti in padella;
- la vera libertà di cui gode è quella offerta dai
social network, che le permettono uno stalking selvaggio dell’ennesimo uomo
desaparecido.
E da quel momento in poi, la vita del suo ex-amore del liceo
- villetta in provincia con moglie, prole, cagnolino e lavoro fisso – non
appare più alla neotrentenne come l’incubo a cui è miracolosamente scampata. Ma
come il sogno da raggiungere con ogni mezzo. Umiliazioni incluse.
Per cui, scusate, ma alla luce di queste amare verità,
“Young adult” sta alla commedia come Leopardi al Bagaglino.
Diablo Cody, che odi et amo et soprattutto invidio: chapeau.
Tu nemmeno lo sai, ma con “Young adult” hai creato l’horror più spaventoso del 2011.
Spaventoso perché apocalittico e realistico al tempo stesso. Insomma, roba che
dopo la visione vi conviene mettere su “Mary Poppins”, per compensare lo
sconforto.
Il film: Mavis non si strucca prima di andare a letto. Mavis
fa colazione con Coca Light e sigaretta. Mavis dorme con una T-shirt di Hello
Kitty. E con uomini di cui non ricorda il nome.
Mavis ha trentasette anni.
E se fin qui, cara lettrice, hai annuito identificandoti con
passione, mi tocca deluderti: Mavis è Charlize Theron. E tu – noi – no.
Per cui ecco, preparati a lacrime di paura. Perché quando vedrai
Mavis strisciare ai piedi dell’ex felicemente sposato, mettere in atto
rocambolesche strategie di riconquista degne di “Cruel Intentions”, umiliarsi
di fronte a compaesani ed ex compagni di liceo, solo per venire poi
inevitabilmente respinta, la morale che ne trarrai sarà:
“Ma…se succede QUESTO a Charlize…cioè…allora IO…(completare la
frase con scenario apocalittico personalizzato)”.
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