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mercoledì 25 luglio 2012

Non si esce vivi dagli anni ’90. Pretty Woman.

"Ma hai visto le labbra di quella donna? Dio, quella non è una faccia: è un culo di babbuino!".
Ecco, le sagge parole di Lois Griffin riassumono il 60% del problema. Il problema comunemente definito Julia Roberts. Si, lo so: non è carino giudicare negativamente (leggi: schifare di brutto) una donna solo per una pecca fisica. Tuttavia, qui stiamo parlando di una donna che con quella faccia ci lavora e, lavorandoci, guadagna 20 milioni di dollari a pellicola. Per cui, non voletemene, ma quella bocca a culo di babbuino mi indispone a ragion veduta.
Perciò questo post genera in me un gran conflitto di interessi: Julia è feccia, e non ci piove. Ma “Pretty Woman” no, tutt’altro: “Pretty Woman” è intoccabile e incriticabile. In pratica, il Padrino dei chick flick. Perché mai, direte voi. Voi che non lo avete visto, sia chiaro.


Non mi soffermerò sulla cazzata della favola moderna, della Cenerentola del XX secolo e del Principe Azzurro che abbandona il cavallo a favore di un’auto sportiva. Quella è fuffa per critici degni di questo nome. Di certo non per ex preadolescenti che hanno imparato da questo film che “le fragole esaltano il gusto dello champagne”. Chi ci è cresciuto, guardando “Pretty Woman”, lo giudica di pancia. Ovvero, non lo giudica: prende semplicemente atto del “Ah, ma quindi se sono una poveraccia simpatica e disponibile posso convincere un arido miliardario a rifarmi il guardaroba e la vita? Figo!”. E così voilà, un’intera generazione femminile è rovinata per sempre.  La mia, per inciso.
Quindi, mentre 20 anni dopo me ne sto ancora ad aspettare che il Principe si presenti sotto la mia finestra pronto ad espugnare la scala antincendio, rivanghiamo insieme quali scene in particolare ci hanno completamente fottuto il cervello.
1) “Shopping a Beverly Hills? In Rodeo Drive, bambina!”
Ve lo devo spiegare? Una poveretta con carta di credito da miliardario in mano, in giro per boutique. E si, all’inizio le commesse la umiliano e la trattano come la sgualdrina che è, ma chi non si venderebbe un rene per essere al posto di Vivian in quella scena? Notare che a un certo punto, mentre lei si prova l’intero negozio, arriva anche una pizza a domicilio. Non vale la pena battere il marciapiede per qualche anno, se è questo l’epilogo?

2) “E che succede dopo che lui ha scalato la torre e salvato lei?”
    “Che lei salva lui.”
E qua, i kleenex si sprecano. Se c’eravamo trattenute durante tutti gli altri approcci – maldestri, comunque – del buon Richard, nel momento in cui questo si presenta sotto il tugurio di Julia – Vivian, armato di rose rosse e pronto a sfidare le vertigini…niente, qua si crolla. Perché lo sapevamo che ci sarebbe stato un lieto fine, eh – ci mancherebbe: il 90% della popolazione femminile degli anni ’90 avrebbe fatto causa all’intera Hollywood, in caso contrario. Ma “Pretty Woman” ‘sto lieto fine ce lo fa sospirare fino all’ultimo. E niente, a me a 28 anni viene ancora il magone a sentire queste due battute. Certo, poi subentra un minimo di razionalità: qualche piccolo neurone ci fa subito presente che si tratta di una favoletta, che nella realtà le cose vanno in modo diverso. E tutto l’impianto identificazione-aspirazione potrebbe crollare in un attimo. Ma tranquilli: “Pretty Woman” ha pensato anche a questo. E infatti:

3) “Questa è Hollywood, la terra dei sogni. Alcuni si realizzano, altri no, ma voi continuate a sognare.”
E taaac: il vagabondo che non si capisce perché si aggira là intorno ci frega completamente. Insinuando non solo che è lecito aspettarsi che un riccone ci svolti l’esistenza, ma anche che sarebbe meglio aspettarselo vivendo a Hollywood. Aggiungendo al mito del Pigmalione quello del Paradiso a stelle e strisce.
Come a dire: meglio battere a L.A. che studiare in provincia di Cosenza. 

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