Nel corso della mia vita, ho visto Lady Oscar un’infinità
di volte. Dopo un po’, un interrogativo ha iniziato a rosicchiarmi il cervello:
ma Oscar, a che età ha perso la verginità? (secondo i miei calcoli a 33 anni,
qualora anche voi vi foste chiesti la stessa cosa.) Un interrogativo simile mi
ha turbato la prima volta che ho visto “Mai stata baciata”. Perché Josie, ossia
Drew Barrymore, 25 anni nel film, a un certo punto dice di “non aver mai
veramente baciato un uomo”.
Il
perché è prestissimo detto: Josie è una sfigata. Ma sfigata ai livelli cosmici
che solo in un chick flick si possono raggiungere. È sfigata alle superiori,
quando i compagni di classe la chiamano Josie Buzzicozza (e non credo sia
necessario spiegarvi l’etimo del soprannome). È sfigata da adulta, quando si
trova a lavorare per un giornale come redattrice invece che come giornalista,
come lei ardentemente vorrebbe.
Ma
siccome una botta di culo nella vita capita a tutti prima o poi, il suo editore,
la cui umanità fa sembrare la rivoluzione industriale inglese l’età d’oro dei
diritti civili, le affida un servizio come studentessa infiltrata in un liceo.
E
qui Josie avrebbe la sua possibilità di riscatto: che diamine, al liceo 10 anni
dopo, con la consapevolezza e – si spera – il senso estetico di una giovane
donna. Col cazzo. Fa subito amicizia coi secchioni, e i fighi (tra cui James
Franco e Jessica Alba) non la cagano di striscio. Peggio ancora, non riesce a
trovare uno straccio di storia interessante. E qui interviene il deus ex
machina. Anzi, dei.
Uno
è Gus, John C. Reilly, il capo, che le piazza microfoni e microcamera addosso
per cercare con lei la “storia”; l’altro, è Rob, David Arquette, suo fratello,
benedetto dal Signore con la capacità di diventare istantaneamente popolare
ovunque vada, che si finge studente e la aiuta a diventare la stella del liceo.
Bene,
direte voi. Manco pegnénte, dico io. Perché ovviamente a questo punto Josie
sputtana tutto e rischia di perdere amore, lavoro e affetti in un crescendo che
culmina con una bella citazione di “Carrie - lo sguardo di Satana” (non
succede, ovvio. Quel figo di Michael Vartan che sta lì a fare sennò?). Ma il
punto non è questo. E nemmeno un eventuale discorso sulla popolarità che rende
buono chi non ce l’ha, che quando diventi figo è un attimo che dimentichi la
merda mangiata per arrivare fin lì e via dicendo.
No.
I punti per cui sono ossessionata dal film sono 3.
1) “Tu
scuoti il mio mondo”. Questo si sente dire Josie dal suo accompagnatore al
prom. Niente “ti amo”, niente “mi completi”, ma un “sei eccezionale sotto
talmente tanti e nuovi punti di vista che mi lasci completamente frastornato,
come la California in balìa della faglia di Sant’Andrea.
2) Te
stessa a 16 anni. La nemica più acerrima, crudele e duratura che incontrerai
mai. Non importa i traguardi che raggiungerai nella vita. Tu, dentro, sarai
sempre quello che eri a 16 anni. Grassa, magra, brufolosa, timida, maschiaccio.
Un figo ti chiede di uscire? Penserà di portare fuori la 30enne affascinante e
brillante che sei, ma in realtà sta uscendo con quell’ammasso di insicurezze e
difetti che non sa spiegarsi come sia possibile che lui voglia farsi vedere in
giro insieme. La nostra esistenza non la passiamo a cercare di migliorarci, ma
a tentare di impressionare e mettere a tacere quell’adolescente concepita all’inferno
che ci alberga dentro.
3) Josie
e Rob. Soprattutto questo. Perché siamo io e mio fratello. Una delle mie più
care amiche tempo fa mi ha detto “Le foto di tuo fratello sono uno dei motivi
per cui guardare il tuo facebook”. E lei è una delle più care. Ho smesso di
contare le volte in cui mi hanno detto “Ah, ma lui è tuo fratello? Che figo, ma
è impegnato?”. E gli inviti, e gli incontri, e la rava, e la fava. Rob e
Josie, uguali. Ma non solo in quello. Perché lui la sprona, le è vicino. Fa
quello che un fratello come vi auguro di avere fa, che sia trasportare le casse
d’acqua perché a voi pesano, abbracciarvi forte mentre vi dilaniate l’anima sul
divano, o dividere con voi gli imbarazzanti commenti di vostra madre su
facebook. Quando è nato, io avevo 4 anni. Avrei potuto ucciderlo facilmente,
era ipervulnerabile, e non mi avrebbero messo neppure in riformatorio. Meglio
di un deputato del PdL. Ma quella sera in tv davano Lady Oscar. E di questo,
Fininvest, io ti ringrazio.
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