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lunedì 11 febbraio 2013

A Mucci’, mo’ taa buco quella cinepresa. Quello che so sull’amore.


SFX: Driiiiiin!

M: “Pronto?”

G: “Ciao…”

M: “Ah. Sei tu. Come st…”

G: “Smettila. Lo so che hai fatto. Ti hanno visto tutti”.

M: “Va bene. Lo confesso. Io non me la sentivo. Non me la sentivo di pagare 8 euro e 50 per vederti. Sì, l’ho visto in streaming.”

G: “Come hai potuto farmi questo? Dopo tutto questo tempo passato insieme”.

M: “Senti, non iniziamo eh. Perché pure io ci credevo. Quando hai fatto “Ecco fatto” ho pensato “Non è male come inizio. Forse potrebbe esserci un futuro”. E poi sei uscito con “Come te nessuno mai”, e io lì ti ho amato, dicevo “Finalmente qualcuno che sa rendere in maniera perfetta la mia generazione, quelli delle occupazioni a intervalli regolari, bambini venuti su coi cartoni delle 20.30”. Ma già da “L’ultimo bacio” ho iniziato a vedere le prime crepe tra noi. Voglio dire, hai dato la possibilità di recitare a Martina Stella, e poi hai fatto la solita rappresentazione ridicola di chi lavora in pubblicità. Però ho pensato che fosse una fase, ho pensato di darti ancora una possibilità. E tu che fai? Te ne esci con “Ricordati di me” e con quella porcata con Will Smith. Nessuna può sopportare tanto a lungo comportamenti simili”.

G: “Ma non hai visto che cast bellissimo che ti ho regalato per “Quello che so sull’amore”?”

M: “Non è spendendo tanti soldi che puoi sopperire alle tue mancanze, eh. E poi scusa, ma tu mi dai Gerard Butler, e me lo trasformi in questo insulso incrocio tra David Beckham e George Best. Uno che vuole fare il buon padre, riconquistare la ex moglie, e che non sa gestire un esercito di milf in calore. Gerard Butler. Quello di 300. Quello di “La dura verità”. Quello che ti sbatte contro un muro e ti scansa le mutandine di lato, tanta è la foga. Cazzo, Gabriele, non puoi fregartene dell’immaginario collettivo in questo modo!”

G: “Ma io ti ho dato Uma Thurman!”

M: “Se devi dirigerla di merda, puoi pure non chiamarla. Le hai fatto fare solo smorfie e mossette. A Uma, la musa di Tarantino. Che lui ha aspettato che sgravasse, pur di averla in “Kill Bill”.

G: “Non è carino nominare gente che vedi ancora”.

M: “Eh, ci sarà un motivo se con lui va avanti da così tanto tempo. Almeno fa film con dialoghi sensati, lui”.

G: “Non li ho scritti io stavolta”.

M: “Non è colpa mia se frequenti sceneggiatori di merda. Potevi limitarti a giocarci a calcetto come tutti”.

G: “Pensavo che facendo qualcosa di grande ti avrei impressionato”.

M: “Lo sai che non contano le dimensioni. Conta solo che hai fatto un film che un momento fa il drammone e un momento dopo vorrebbe fare la commedia rosa con le battute brillanti. Un miscuglio senza senso, come se uno facesse un frullato con caviale e coca cola. E poi, tu non rispetti le mie esigenze di avere tempi comici che funzionano”.

G: “È colpa di Hollywood, sta tentando di cambiarmi”.

M: “Mi pare che ci stia riuscendo su tutti fronti. Ti ho visto a “Che tempo che fa”. Tentare di impietosirmi mostrandoti ingrassato e con le occhiaie per spingermi a comprare il biglietto non è stata una mossa molto nobile, te lo devo dire”.

G: “Ma proprio non ti è piaciuto?”

M: “Lo sai che a una donna non si chiede mai una cosa simile”.

G: “Magari è colpa dello streaming. Lo sai come va, con le registrazioni prese dalla sala, ti perdi tutto il bello della fotografia”.

M: “No, guarda. Potrebbe anche avere la fotografia migliore del pianeta. È come quello che picchia la moglie, però fa tutti i lavoretti in casa: rimane una merda”.

G: “…quindi? Che facciamo?”

M: “Sai come dice Battisti, no? Cerca di evitare tutti i posti che frequento e che conosci anche tu. Tipo il Cinema”.

SFX: Click.





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