SFX:
Driiiiiin!
M:
“Pronto?”
G:
“Ciao…”
M:
“Ah. Sei tu. Come st…”
G:
“Smettila. Lo so che hai fatto. Ti hanno visto tutti”.
M: “Va
bene. Lo confesso. Io non me la sentivo. Non me la sentivo di pagare 8 euro e
50 per vederti. Sì, l’ho visto in streaming.”
G: “Come
hai potuto farmi questo? Dopo tutto questo tempo passato insieme”.
M: “Senti,
non iniziamo eh. Perché pure io ci credevo. Quando hai fatto “Ecco fatto” ho
pensato “Non è male come inizio. Forse potrebbe esserci un futuro”. E poi sei
uscito con “Come te nessuno mai”, e io lì ti ho amato, dicevo “Finalmente
qualcuno che sa rendere in maniera perfetta la mia generazione, quelli delle
occupazioni a intervalli regolari, bambini venuti su coi cartoni delle 20.30”.
Ma già da “L’ultimo bacio” ho iniziato a vedere le prime crepe tra noi. Voglio
dire, hai dato la possibilità di recitare a Martina Stella, e poi hai fatto la
solita rappresentazione ridicola di chi lavora in pubblicità. Però ho pensato
che fosse una fase, ho pensato di darti ancora una possibilità. E tu che fai? Te
ne esci con “Ricordati di me” e con quella porcata con Will Smith. Nessuna può
sopportare tanto a lungo comportamenti simili”.
G:
“Ma non hai visto che cast bellissimo che ti ho regalato per “Quello che so
sull’amore”?”
M:
“Non è spendendo tanti soldi che puoi sopperire alle tue mancanze, eh. E poi
scusa, ma tu mi dai Gerard Butler, e me lo trasformi in questo insulso incrocio
tra David Beckham e George Best. Uno che vuole fare il buon padre,
riconquistare la ex moglie, e che non sa gestire un esercito di milf in calore.
Gerard Butler. Quello di 300. Quello di “La dura verità”. Quello che ti sbatte
contro un muro e ti scansa le mutandine di lato, tanta è la foga. Cazzo,
Gabriele, non puoi fregartene dell’immaginario collettivo in questo modo!”
G:
“Ma io ti ho dato Uma Thurman!”
M:
“Se devi dirigerla di merda, puoi pure non chiamarla. Le hai fatto fare solo
smorfie e mossette. A Uma, la musa di Tarantino. Che lui ha aspettato che
sgravasse, pur di averla in “Kill Bill”.
G:
“Non è carino nominare gente che vedi ancora”.
M:
“Eh, ci sarà un motivo se con lui va avanti da così tanto tempo. Almeno fa film
con dialoghi sensati, lui”.
G:
“Non li ho scritti io stavolta”.
M:
“Non è colpa mia se frequenti sceneggiatori di merda. Potevi limitarti a
giocarci a calcetto come tutti”.
G:
“Pensavo che facendo qualcosa di grande ti avrei impressionato”.
M:
“Lo sai che non contano le dimensioni. Conta solo che hai fatto un film che un
momento fa il drammone e un momento dopo vorrebbe fare la commedia rosa con le
battute brillanti. Un miscuglio senza senso, come se uno facesse un frullato
con caviale e coca cola. E poi, tu non rispetti le mie esigenze di avere tempi
comici che funzionano”.
G: “È
colpa di Hollywood, sta tentando di cambiarmi”.
M: “Mi
pare che ci stia riuscendo su tutti fronti. Ti ho visto a “Che tempo che fa”.
Tentare di impietosirmi mostrandoti ingrassato e con le occhiaie per spingermi a
comprare il biglietto non è stata una mossa molto nobile, te lo devo dire”.
G: “Ma
proprio non ti è piaciuto?”
M:
“Lo sai che a una donna non si chiede mai una cosa simile”.
G:
“Magari è colpa dello streaming. Lo sai come va, con le registrazioni prese
dalla sala, ti perdi tutto il bello della fotografia”.
M: “No,
guarda. Potrebbe anche avere la fotografia migliore del pianeta. È come quello
che picchia la moglie, però fa tutti i lavoretti in casa: rimane una merda”.
G: “…quindi?
Che facciamo?”
M:
“Sai come dice Battisti, no? Cerca di evitare tutti i posti che frequento e che
conosci anche tu. Tipo il Cinema”.
SFX:
Click.
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