Immaginate
di avere un fratello. Il patrimonio genetico è quello. Siete molto simili. Però
lui è meglio. Della poesia di Natale si ricorda pure le congiunzioni, lui. È la
vostra versione 2.0. Diciamo che se lui fosse un libro, voi sareste il suo
adattamento cinematografico americano. È un po’ questo il rapporto tra horror e
thriller. Li separa una linea sottile quanto il perizoma di un’attricetta al
primo b-movie. Però, nonostante questa vicinanza, molti credono che il thriller
abbia molto più valore del suo fratellino. Ora, non sono qui per aprire
dibattiti o confutare le loro affermazioni con ragionate motivazioni (idioti!),
ma per approfittare della confusione tra i generi come se fossi Almodovar. Insomma,
voglio parlarvi di un film che è a cavallo di quella linea, anzi, che quella
linea la domina come un tamarro fa con un toro meccanico. La casa dalle finestre
che ridono.
Intanto
voglio ringraziare pubblicamente Avati: Pupi, se mi leggi, sappi che io ti amo
quanto un emo ama una lametta, perché mi hai donato la migliore inquietudine
della mia vita. Questo cult è uscito nel 1976, ma dimostra meno anni di me. E
io sono un fiore.
Prendiamo
il titolo: ti fa pensare a Doris day vestita pastello che prepara pancakes per
2.5 figli e il cane. AH AH AH AH! Guardate quella bocca clownesca e poi ne
riparliamo.
Prendiamo
l’ambientazione, la campagna ferrarese, dove tutto si muove a rilento, tu
magari sei più vispo di Don Lurio ma arrivi lì e sei risucchiato in questo
campo magnetico di valeriana. A quel punto scappa, se riesci.
Mettiamoci
che il film ha tra i protagonisti un nano vestito da Uomo Del Monte e che se la
comanda uguale. Quando sei così basso, per arrivare così in alto devi essere
tignoso forte, come dice nonna Adele.
Non
dimentichiamo che tutto il film parte da un affresco da restaurare che
raffigura il martirio di San Sebastiano. Non so voi, ma è il mio martire
preferito, saranno i boccoli, sarà l’espressione, sarà che c’ha più freccette
di un bar di periferia.
Aggiungiamo
la tenerezza di vedere tutti i personaggi di paese, e di un paese negli anni
’70. Il matto, l’ubriacone, la zoccola… Non puoi non ritrovarci dentro la tua
famiglia in un modo o nell’altro.
Ah,
nel film la Chiesa ha un ruolo di peso. Devo forse ricordarvi quanto sia felice
e prolifico il matrimonio tra Chiesa e horror? Appunto.
Concluderò
con i 2 motivi che mi fanno amare questo horror sopra ogni altro: il primo è
che è tutto orribilmente possibile. Tutto. La sospensione dell’incredulità
(mica pizza e fichi) qui non serve.
Il
secondo è che contiene un messaggio di speranza universale: dovete sapere che
tra gli sceneggiatori c’è Maurizio Costanzo. L’uomo che ha contribuito a
lanciare Costantino Vitagliano. Questo significa che ognuno di noi può fare
qualcosa di grandioso nella vita, e che, anche se poi fai immani cazzate, ci
sarà sempre quella cosa grandiosa a ricordare al mondo di cosa sei capace.
ho iniziato a guardare film horror a sei anni, di nascosto, quando i miei mi lasciavano a casa da sola. poi, verso i 18 ho smesso. credevo di essere diventata troppo grande.
RispondiEliminada quando vi leggo, mi è venuta voglia di tornare una piccola sognatrice. corro a scaricare questo di Avati, complimenti per il blog!
Grazie! Siamo felicissime che ti sia tornata voglia di horror, e poi una sana paura fa tornare bambini :)
RispondiEliminaSe Avati in salsa horror ti piace, scarica anche "Il nascondiglio", che è stato il suo ritorno al genere dopo anni. Noi lo abbiamo visto al cinema, e diaciamo che il rientro a casa è stato un po' inquietante :D