Che tenerezza, la mia prima dieta. Avevo 15 anni, ed era la Scarsdale,
ideata da un cardiologo americano per far perdere 10 chili in due settimane ai
suoi pazienti obesi, una di quelle diete squilibrate (le uniche che funzionano.
Lo so io e lo sapete voi) che segui a 14 anni (e a 17. 23. 26. 30). Il mio
album di ricordi sono le diete: “Com’è stata la tua prima volta?” “Era il mio
periodo dieta dissociata!” “E ricordi il primo 30 all’università?” “Sì, ero nella
fase minestrone.”. Quando a Renée Zellweger chiedono “Ricordi la tua prima
nomination agli Oscar?”, lei risponde “Oh sì, andavo avanti a scatolette di
tonno, tacchino e verdure scondite per perdere i 10 chili presi per
interpretare Bridget Jones”.
Lasciatemi dire subito che io, una donna che si è sottoposta al
calvario di perdere tutto quel peso per ben DUE volte (e per le bassette è più
difficile), non solo la ammiro, ma la farei governatrice del globo terracqueo,
perché per riuscire ci vuole una tigna che altro che diffondere la pace nel
mondo.
La trama è superflua, ma voglio fingere professionalità: un anno nella
vita di Bridget, con relativi problemi di alcol, uomini, peso, lavoro. Alcuni
si risolvono, altri no (da quando assumere alcol è un problema?).
Siamo tutte Bridget Jones. Tutte abbiamo una madre che ci fa più o meno
disperare. Degli amici che ci consolano dai fallimenti a suon di drink e che
accolgono con grazia gli orrori che facciamo, incluso cucinare. Tutte lottiamo
contro il grasso (il grasso. Quella sostanza che invece di immagazzinarsi nelle
tette per la gioia nostra e di chi delle tette usufruisce, va sempre a finire
nelle cosce. Le cosce sono come le foto di quando eri adolescente: passi la
vita a vergognartene e speri che non le veda nessuno). Tutte ci innamoriamo di
uno stronzo per cui sprechiamo tempo ed energie. E facciamo una lista di buoni
propositi – che poi non rispetteremo – a capodanno.
Che Dio vi fulmini se non guardate questo film. Possibilmente in
inglese. Perché sentire quell’accento upper class che profuma di afternoon tea,
prato di università esclusiva e stampa scandalistica, ha un tale effetto sugli
ormoni che fa venir voglia di limonare il televisore persino quando trasmettono
i documentari su Churchill.
E a proposito di ormoni, spendiamole due parole su Hugh Grant che
interpreta sé stesso, ossia la testa di cazzo. Che io me lo immagino il suo
agente: “Hugh, ti vogliono per una parte in Bridget Jones.” “Ah, bene, per
Darcy?” “No, tu fai l’altro, quello stronzo.” “Perfetto. Fanculo il Metodo per
una volta.” Hugh Grant, che figo come in questo film non lo troverete mai. Hugh
Grant, che nella scena in cui declama Keats, con la sigaretta che pende dalla
bocca e una birra in mano, incarna il mio uomo ideale, ossia un intellettuale alcolizzato
e con gli occhi azzurri. Citando Helen Fielding, “I felt like throwing
myself after him shouting, 'Shag me! Shag me!'”.
Il Diario di Bridget Jones, il film ma soprattutto il libro,
è la trasposizione più riuscita di “Orgoglio e Pregiudizio” che troverete in
circolazione: la madre di Bridget, il tradimento dell’amico, il rapporto tra i
due protagonisti. Senza contare Darcy e l’attore scelto per interpretarlo, quel
Colin Firth per cui, grazie alla sua interpretazione di Mr. Darcy nell’Orgoglio
e Pregiudizio targato Bbc, migliaia di suddite di Sua Maestà si sono mastur
si sono rilassate con un bel bagno caldo. Se non bastasse, leggete qui:
e qui, dove in 3 righe cita i miei libri preferiti di sempre:
E leggete pure tutto il resto del libro, chè fate un favore
a voi stesse.
In conclusione, quello che questo film ci insegna è che
l’unico motivo che può spingere una donna ad accettare placidamente di
ingrassare, è sapere che per farlo guadagnerà tanti di quei soldi da potersi permettere
tutte le liposuzioni del mondo per tornare in breve tempo esattamente come
prima. Quindi, a meno che voi non ne abbiate trovato uno da spennare, il pollo
è meglio se continuate a mangiarlo. Bollito e senza pelle, mi raccomando.
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