Qualche
anno fa, per il ponte dell’8 dicembre, visitai Berlino. Io, da brava italiana
che dal 47° parallelo nord in su mette il piumino ovunque vada, venivo guardata
con sospetto (disgusto, ndr) dai
tedesconi che sfoggiavano cappottini con colli sciallati lunghi fino all’ombelico
e giubbottini di pelle, e naturalmente a mia volta guardavo loro come se
fossero l’anticristo, perché no, su, non venite a dirmi che si vestivano così
perché avevano caldo. Hipster di merda.
Comunque.
Nel film di oggi non siamo a Berlino. Siamo in Alaska. A Barrow, la città più a
nord degli Stati Uniti. Capite anche voi che, fossi un’abitante locale,
rimarrei perlomeno perplessa vedendo un gruppo di persone che se ne va in giro
in giacchette e camicie da notte, mentre i miei concittadini si buttano
direttamente sul corpo cuccioli di foca vivi.
Anche
il fatto che le loro pupille siano grosse come se avessero fumato l’intera
produzione annuale afghana di cannabis dà un po’ via che nascondano qualcosa di
strano.
Perché
qui siamo di fronte a dei vampiri. Oh, finalmente. I sangue blu dell’horror,
con uno status superiore persino agli indigeni dell’Upper East Side, presenti
nel nostro genere preferito sin dagli anni ’20, capaci di affascinare qualsiasi
creatura col loro aspetto sofisticato.
Ecco,
no. In “30 giorni di buio” non è proprio così. Brutti. Ma brutti che non gliela
darei manco se fosse quella di un’altra. Niente occhi dorati e pelle diamantata
che brilla al sole (sto parlando con te, Stephenie Meyer). E sono pure
incazzatissimi. Perché i vampiri con cui abbiamo a che fare qui saltano sui
tetti, corrono e azzannano che pare siano caduti in un calderone di gatorade da
piccini. Come se non bastasse, la loro ferocia aumenta man mano che gli uomini
imparano a nascondersi e, di conseguenza, la cena tarda ad arrivare.
Ma
partiamo dalle basi. Come dicevo prima, siamo a Barrow, simpatica cittadina
caratterizzata dal fatto che, una volta l’anno, il sole tramonta per
ricomparire un mese dopo. I famosi 30 giorni di buio. Ora capite che un posto
simile per un vampiro è l’equivalente di Cuba per un maschio medio. Soprattutto se
a difendere tale posto, in qualità di capo delle forze dell’ordine, ci metti
Josh Hartnett. Uno che come tratto principale della sua recitazione ha il fatto
di muovere le ciglia. Davvero, ha le ciglia più espressive che io abbia mai
visto. Josh, dolcezza, io capisco che madre natura ti abbia fatto questo dono
per cui molte donne ucciderebbero, ma io non posso passare 113 minuti cullando
nel retro cranio la domanda “Chissà se cospargendole di cipria riesco a
ottenerle folte come lui?”.
Le ciglia di Hartnett in un intenso primo piano. |
Anche
perché questo film è un po’ un’occasione sprecata. Non che sia brutto, eh. C’è
pure Ben Foster, da me ribattezzato “la versione nana e più brutta di Gosling”,
che interpreta, come suo solito, quello scoppiato e violento, e che io ancora
ricordo per la stellare cagata sul tappeto che ci regala in “Alpha dog”. E poi
ci sono momenti di tensione davvero ben costruiti, tra effetti sonori, la luce
sempre livida e questo buio che sembra eterno e da cui può saltar fuori
qualsiasi cosa in ogni istante. C’è la scena in cui i vampiri mandano un’esca
umana per le strade, per stanare gli abitanti dai loro nascondigli, e che è
angosciante più di una spesa imprevista a fine mese. O il momento di caccia
grossa, coi vampiri appena arrivati che colgono di sorpresa la popolazione e
che fanno una mattanza che quella dei tonni a confronto sembra la sagra delle
lumache di Ussita. Insomma, una grande idea di base rovinata dall’eccessiva
lunghezza della pellicola – pure i vampiri, in teoria stremati dalla fame e
quindi furiosi, si sono rotti il cazzo secondo me – e anche da personaggi e
situazioni un tantino stereotipate (il burbero che salva il protagonista, il
vecchio rincoglionito, la bambina non più bambina…).
Detto
questo, un occhio potete pure darglielo. Se non altro per due importanti
insegnamenti:
-
Meglio 30 giorni stipati in un sottotetto di 20
metri quadri con altre 5 persone e con la prospettiva di una tremenda morte, che
100 giorni in una casa enorme con piscina e altri 9 imbecilli e la prospettiva
di un’ancor più tremenda morte cerebrale.
-
Non importa che tu sia leone, gazzella, umano o
vampiro. La dieta fa schifo comunque.
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